In Europa, almeno il 5% del diesel che usi per la tua auto è costituito da biodiesel. Al contrario del gasolio tradizionale, questo carburante nasce da oli vegetali lavorati in modo da diventare carburante.
Olio da frittura, in definitiva? Non proprio. Vediamo qual è la composizione del biodiesel e come lo si ottiene.
Da cosa viene prodotto
Il biodiesel è composto in prevalenza da oli vegetali e grassi animali, quindi da fonti rinnovabili. L’olio vegetale più conosciuto e usato è l’olio di colza, ma è possibile partire anche dall’olio di canapa, di palma, perfino dalle alghe. In teoria si potrebbero usare anche grassi animali, ma quelli vegetali sono più comodi da produrre e da recuperare, soprattutto.
Una parte dell’olio usato per produrre il biocarburante deriva da oli da cucina esausti. Ristoranti, bar e privati raccolgono l’olio usato per friggere e lo portano in discarica. Una volta ripulito, questo olio è riutilizzabile per finalità non alimentari, come la produzione di sapone o di biodiesel, appunto.
Purtroppo è una parte ancora troppo piccola: il più dell’olio usato per il biodiesel deriva ancora dalle monocolture.
L’olio è sicuramente la componente più importante del biodiesel, ma non fare l’errore che fanno in tanti: il biodiesel non è olio da cucina sovrapprezzato. Al suo interno ci sono anche idrossido di sodio e metanolo, usati per stimolare una reazione chimica chiamata transesterificazione.
Qual è il processo di produzione del biodiesel
L’olio alimentare è più viscoso del gasolio, il che è un problema per il motore: gli iniettori non riescono a nebulizzarlo come dovrebbero, non brucia al 100% e produce quindi tanti residui. Questi residui si accumulano nel motore e intasano il sistema di alimentazione. Per evitare tutto questo, si rende l’olio meno viscoso eliminando alcune componenti.
La transesterificazione serve per far reagire gli acidi grassi dell’olio con il metanolo, usando l’idrossido di sodio per stimolare la reazione. L’idrossido di sodio spezza gli acidi grassi, che si legano al metanolo e formano il glicerolo.
Dopo il processo di cui sopra, si ottiene un miscuglio di biodiesel, glicerolo, alcol in eccesso. Si provvede quindi a separare il glicerolo dal resto, in modo da poterlo utilizzare altrove. Dopodiché si usa la distillazione per eliminare il metanolo in eccesso e si elimina anche l’acqua di troppo (abbiamo visto quanto sia pericolosa l’acqua in un motore diesel). Solo a questo punto il biodiesel è pronto.
Attenzione: non confondere il biodiesel con il bioetanolo, che un carburante alternativo alla benzina e ha una composizione diversa.
Pro e contro del biocarburante
Il biodiesel è considerato un carburante ecologico per via delle sue emissioni ridotte. Si calcola che produca circa il 50% di monossido di carbonio in meno e il 65% di polveri sottili in meno. Di contro, produce più ossidi di azoto rispetto al gasolio tradizionale. Inoltre, le grandi colture di colza incentivano la deforestazione e le coltivazioni monocolturali, con tutto ciò che ne consegue per la biodiversità.
Se ci spostiamo ai problemi più immediati, ci rendiamo conto che il biodiesel ha un impatto negativo sulla salute dell’auto. Dove c’è materia organica, infatti, ci sono microrganismi. Se lasciato troppo a lungo nel serbatoio, il biodiesel rischia di formare muffe e mucillagine nel serbatoio. Queste andranno inevitabilmente a finire negli iniettori e nei filtri, con le conseguenze viste nell’articolo sulla pulizia degli iniettori.
Infine, ricorda che il biodiesel puro non è utilizzabile su tutte le auto diesel. Queste hanno un motore concepito per il mix di gasolio e biocarburante che troviamo nelle pompe di benzina. Un carburante composto al 100% da biodiesel potrebbe essere troppo acido, motivo per cui serve un motore predisposto.