Quando guidi un’auto solo per lavoro, il carburante è a carico dell’azienda. Quando invece guidi la tua auto per scopi personali, la benzina devi pagartela da solo. Chi paga il carburante in caso di uso promiscuo di un’auto aziendale, però?
La risposta semplice – e anche un po’ semplicistica – è che l’azienda paga solo la benzina che hai usato per lavoro. Il problema è capire come mettere una linea netta tra questo carburante e quello usato per scopi personali. Nello specifico, quindi, come si fa in casi del genere?
Come funziona un’auto aziendale concessa in uso al dipendente
L’auto aziendale ad uso promiscuo è uno dei benefici accessori più tipici. Consiste in un’auto concessa al dipendente secondo una serie di regole sottoscritte sia da lui sia dall’azienda. Questo può avvenire sia in fase di assunzione sia in seguito, magari in aggiunta a una promozione.
Al contrario della classica auto aziendale, il dipendente può usare quest’auto anche al di fuori dell’orario di lavoro. Può quindi sostituire l’auto di proprietà per uso personale, con tutti i vantaggi che ne conseguono. In alcuni casi, deve pagare un piccolo indennizzo in cambio di questa possibilità.
A seconda del tipo di contratto sottoscritto tra il dipendente e l’azienda, l’auto è utilizzabile oppure no anche dai familiari. Comprendi bene come questo ulteriore benefit possa complicare le cose: più persone usano l’auto aziendale, più diventa difficile determinare chi deve pagare il carburante.
Chi paga il carburante dell’auto aziendale a uso promiscuo
Se fai delle trasferte nel territorio comunale o fuori dal territorio comunale, hai diritto a vederti rimborsare il carburante usato a questo scopo. Onde evitare di fare troppa confusione, in caso di uso promiscuo dell’auto aziendale, il carburante viene quindi pagato in parte dall’azienda e in parte dal lavoratore.
Per calcolare i costi dell’azienda, si usano delle tabelle fornite da ACI che cambiano di anno in anno, in base al costo dei carburanti e alla tassazione. La soluzione è comoda anche per coloro che usano abitualmente la propria auto per lavoro, situazione potenzialmente ancora più confusa.
Per accedere al rimborso chilometrico ACI, datore di lavoro e dipendente devono firmare una lettera di incarico relativa alla trasferta. Al suo interno, l’azienda autorizza il dipendente a usare l’auto per gli spostamenti previsti in un certo lasso di tempo. Inoltre, specifica il compenso previsto per ogni chilometro percorso. Il rimborso finale sarà questa cifra moltiplicata per i chilometri fatti in trasferta.
Troverai il rimborso all’interno della tua busta paga, insieme al resto dello stipendio. Se il rimborso riguarda una trasferta fatta fuori comune, non è soggetto a tasse. Altrimenti, viene tassato come se fosse reddito.
Come si calcola il rimborso dovuto
Le tabelle per il rimborso chilometrico ACI si basano solo in parte sul costo standard della benzina. Per calcolare il costo per chilometro, infatti, si avvalgono di una serie di altri dati.
- Modello dell’auto usata per il viaggio.
- Punto di partenza.
- Punto di arrivo.
- Eventuali soste intermedie.
- Prezzi dei carburanti indicati dal Ministero dello Sviluppo Economico, aggiornati di mese in mese.
In questo modo è possibile fare un calcolo di massima il più possibile vicino alla realtà. Se utilizzi un furgone, che consuma in media di più, ti verrà riconosciuto un rimborso maggiore. Se utilizzi una city car, un tipo di auto che tende a consumare di meno, il rimborso sarà più basso. Inoltre, l’indennizzo resterà uguale indipendentemente dal prezzo fatto dalla singola pompa di benzina.
Può capitare che le tabelle ACI non contengano il modello di auto usato. Non capita spesso. Se però dovesse succedere, si prende a riferimento il modello più simile per consumi e tipologia.